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Trovatori e cavalieri

(Piemonte - XIII Secolo)



A differenza del resto d'Italia, ove tali elementi si presentarono più tardi e solo marginalmente, già nel XIII secolo in parte del Piemonte fiorisce la società cavalleresca.

L'influsso della cultura fiorita già il secolo precedente nella Francia meridionale, in particolare in Provenza, si sente specialmente nel Piemonte a sud del Po, nei marchesati di origine aleramica, ossia il Marchesato di Saluzzo e, in particolare, in quello del Monferrato.


L'ambiente di corte, con le sue abitudini, regole e miti, veniva rappresentato dai trovatori provenzali, accolti generosamente dai marchesi, che impersonarono il ruolo di propagandisti dell'etica aristocratica e cavalleresca. La maggior parte di essi si diede il cambio alla corte di Bonifacio del Monferrato, a partire dal primo, Peire Vidal, sino al più famoso Rambaut de Vaqueiras.

I canti dei trovatori venivano spesso accompagnati da strumenti muscali, in particolar modo dalla viella, strumento ad arco di varie forme, ovali e in seguito a 'chitarra', dotata di un suono melodioso e volume moderato, indicata quindi per ambienti piccoli, in grado di sostenere la voce e talvolta sostituirla.

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Spesso il trovatore stringeva un vero rapporto di amicizia, oltre che di vassallaggio, nei confronti del suo signore, accompagnandolo nella sua vita di corte, nelle feste e divertimenti, oltre che nelle contese e rimanendo al suo fianco anche nelle guerre e spedizioni.

Le opere dei trovatori vanno trattate con cautela, senza affibiargli un vero valore storico, in quanto sono spesso arricchite con particolari 'inventati' per esaltare volutamente le imprese del loro signore con toni epici e cavallereschi.


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