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Cibo ed igiene

(Piemonte - XIII Secolo)



La crescita demografica e produttiva delle città aumentò la domanda di prodotti agricoli e provocò in parte l'estensione delle aree coltivate.

Anche se i cereali continuavano a rivestire un ruolo importante nell'alimentazione, ovunque si promosse la frutticoltura e si concesse più spazio all'allevamento.


Il fenomeno riguarda non soltanto la campagna, ma anche la città, ove gli abitanti, sia pure in modo minore, potevano comunque usufruire di piccoli spazi verdi all'interno delle mura (orti e giardini) e di un'area usata in comune per il pascolo.

La lavorazione del latte di pecora e del formaggio era assai diffusa nel piemonte occidentale. In ambito cittadino si prestava particolare attenzione al vino, la cui vendita era regolamentata da precise norme per evitare illeciti. La misura di vino doveva essere giusta o abbondante, mai scarsa, ed il vino doveva essere puro, non adulterato.

Zoom della foto

Particolare importanza rivestiva il pane. Generalmente i forni appartenevano al comune e venivano dati in appalto al miglior offerente. Il pane prodotto era di tre tipi: bianco, di farina setacciata e bigio. I fornai godevano di particolari privilegi; ad esempio erano fra i pochi cui era consentito di uscire, per esercitare il proprio mestiere, anche di notte e senza lume.

L'igiene era generalmente scarsa, diffusa la sporcizia per le vie cittadine e scarso il rispetto per l'ambiente. Eppure gli statuti cercavano in ogni modo di migliorare tali condizioni, ad esempio regolando la posizione di alcune attività particolarmente inquinanti, come le tintorie e concerie, ai margini delle mura.


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