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Messaggeri del nulla

(Poesie del Beigua)





Ancora una volta
devo lasciare
la terra amica, i miei cari amici
vegetali,
inconsci (forse) preziosi amici
che sollevano, a volte,
il mio animo affranto
fino al cielo puro
ove scompare l'umano:
odio, amore
rabbia, felicità
speranza, disillusione
tutto scompare
nel niente della purezza
nel niente della mia mente
che non pensa a niente.
 
Ancora una volta
vi devo lasciare,
torno a viaggiare
verso un futuro incerto,
forse migliore,
forse no,
verso una terra
un po' misteriosa
ove a tratti ritrovo
il niente solitario
ove il tempo si ferma.
 
Vorrei ben altro,
ma altro non ho;
mi affido a voi
messaggeri del nulla
che almeno nel nulla
annegate i dolori.


Ho scritto questa poesia verso la fine del 1984, durante il ritorno da una delle ultime licenze, prima del congedo militare.

E' strano come, lasciando casa mia, il pensiero vada non tanto a famigliari ed amici, quanto al territorio, alle piante della mia campagna o dei miei percorsi di passeggiate in collina.

Sono i silenziosi testimoni dei miei momenti di raccoglimento, di meditazione, del tutto simili ai loro lontani parenti meta delle mie visite intorno al Monte Beigua, primo fra tutti l'amato monte Ermetta.

Con messaggeri del nulla probabilmente intendo il loro silenzioso ascoltare, senza dir nulla: pare che almeno loro mi capiscano, e non si prendono la briga di criticarmi.

Il pensiero è rivolto al futuro, incerto; qui non s'intende di certo l'immediato, ossia il ritorno sul Beigua, ma ciò che mi aspetterà a breve: la fine del periodo militare, con cui si apre il successivo capitolo della mia vita, con tutte le relative problematiche, prima fra tutti il lavoro.


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